lunedì 8 novembre 2010

Recensione "Il Buddhismo. I sentieri di una religione millenaria" di Giangiorgio Pasqualotto

Cari lettori di Arya Jnana, quando il mio professore di indologia e tibetologia mi consigliò questo libro mi disse che l'avrei gradito per via della mia attitudine alla filosofia.
Il libro è infatti stato scritto da un grande professore di estetica e storia della filosofia all'università degli studi di Padova, Giangiorgio Pasqualotto.
Devo essere sincero, quando lo tirai fuori da un'angolino sperduto della libreria esoterica di Milano, rimasi piuttosto deluso, solo 115 pagine per un'esposizione completa della dottrina buddhista mi pareva un po' poco.
Tuttavia sin dalle prime pagine del libro, la mia opinione cambiò sensibilmente... La prima parte del libro infatti spiega gli aspetti generali della dottrina del Buddha in maniera decisamente esaustiva, facendoci subito entrare nello spirito del Dharma e facendoci riflettere sulla straordinaria attualità (e io direi anche modernità) dell'insegnamento del Buddha.
La sua mistica infatti non è incentrata riguarda Dio, i figli di Dio o altre realtà metafisiche, ma riguarda un problema del tutto umano, il problema della sofferenza... ed è proprio sul problema della sofferenza che il buddha decreta le quattro nobili verità: la nobile verità della sofferenza, la nobile verità dell'origine della sofferenza, la nobile verità della cessazione della sofferenza e la nobile verità della via che porta alla cessazione della sofferenza.
La seconda parte affronta quella che è una delle questioni più importanti (se non la più importante) per il buddhismo: l'etica.
L'insegnamento buddhista non è MAI finalizzato a una sterile speculazione teorica, esso intende essere un'insegnamento volto alla guarigione dell'uomo, quindi un'insegnamento PRATICO!
L'etica si pone al centro della praticità buddhista e il capitolo spiega in maniera esauriente e profonda le implicazioni etiche del Dharma.
La terza parte spiega invece i principi teorici del buddhismo, la dottrina della co-produzione condizionata, la dottrina dell'anatman, l'interdipendenza, la vacuità ecc.., anch'essi spiegati in maniera magistrale e che consentono profonde riflessioni per chi, come me, ha una certa attitudine alla filosofia.
L'unica pecca si trova nella quarta parte del libro, dove spiega le principali scuole... io le avrei affrontate in maniera più profonda, più specifica, in modo tale da far assaporare al lettore quello che è stato lo sviluppo storico di una dottrina antica di 2500 anni... ma daltronde non si può chiedere la luna.
Interessantissime poi le ultime due parti, che spiegano la storia dei rapporti tra il buddhismo e l'occidente e tra il buddhismo e l'Italia.
In sostanza, questo è un libro che non si dilunga su noiosissime ricerche filologiche (tipo i libri di Filoramo, giusto per intenderci), ma che allo stesso tempo risulta essere accademicamente validissimo e accattivante (cosa molto rara).
Mi ripeto per la terza volta consigliandolo a chiunque abbia un'indole filosofica, poichè ne vale davvero la pena!

Voto: 8/10

sabato 6 novembre 2010

Meditazione sui Sette Chakra

Salve gente, vorrei condividere con voi una meditazione sui 7 Chakra che ho trovato su youtube... personalmente ho praticato questa meditazione per un po' e posso dire che funziona alla grande... si ringrazia Govinda Das Aghori del sito Aghori.it per aver concesso questo suo video a tutti noi

http://www.youtube.com/watch?v=qMG_Sebtrsg

http://www.youtube.com/watch?v=ZjxWimFqAQs&feature=related

http://www.youtube.com/watch?v=z1Q-EVCjhIM&feature=related

venerdì 15 ottobre 2010

Documentario sulla setta degli Aghori

Cari lettori, posterò qui un documentario riguardante un fenomeno totalmente estraneo a qualsiasi modo occidentale di concepire la spiritualità... il fenomeno di cui parlo è quello del tantrismo, per la precisione il tantrismo praticato dalla setta degli Aghori (i senza paura).
Molto spesso si sente parlare di tantra, ma sono assai poche le persone che conoscono realmente questo concetto... definire il tantra è assai complesso, addirittura molti studiosi ne negano la stessa esistenza... tuttavia vi è una definizione che mi ha assai colpito, ed è questa "il tantra è un tentativo di porre kāma, il desiderio, in ogni suo significato, al servizio della liberazione".
Che cosa mai significa tutto ciò? E' noto a molti che per la tradizione metafisica indiana il mondo così come lo percepiamo non è che un'illusione, una magia... i nostri occhi sono coperti dal velo di Maya che ci tiene in una condizione di ciecità, facendo sì che noi non comprendiamo la vera realtà delle cose.
Per chi studia la filosofia, tutto ciò ricorda molto il mito della caverna di Platone.
Lo scopo del mistico è quello di squarciare il velo di Maya, squarciare la realtà da noi percepita per accedere alla realtà Assoluta, dalla molteplicità all'unità, dalla manifestazione all'immanifesto, alla LIBERAZIONE.
L'adepto tantrico però non ricerca la liberazione estraniandosi dal mondo... per lui il macrocosmo/mondo (e dunque anche il microcosmo/uomo) non è altro che una manifestazione concreta della potenza (Shakti) dell'assoluto (bhraman, spesso identificato dai tantrici con il Dio Shiva, il signore della distruzione)... ed è attraverso la potenza, identificata dal serpente di fuoco della Kundalini che dai nostri piedi si eleva fino alla testa, che l'adepto tantrico raggiunge la liberazione.
La potenza si manifesta maggiormente nelle passioni, negli istinti, nelle energie sessuali... tutti questi elementi vengono usati dall'adepto tantrico al fine di sublimarli, come se fossero una sorta di "carburante" per il proprio motore spirituale.
La liberazione consiste nella dissoluzione del proprio ego, della propria individualità, e di conseguenza anche di tutta la dualità... non esiste infatti più un "io" e un "tu", un "bene" e un "male", un "maschio" e una "femmina", un "manifesto" e un "immanifesto"... la dualità perderà di senso in quella che è l'unica realtà di tutte le cose, la suprema vacuità, il vuoto!
Simbolo di questa suprema realtà è il fuoco, il fuoco delle pire funerarie che ci mostra l'impermanenza di tutte le cose, il fuoco della torcia della conoscenza, il fuoco creatore e distruttore, il fuoco dell'estasi della danza.
Gli aghori praticano una forma estrema di tantra, volta a distruggere le barriere mentali della dualità attraverso un rapporto diretto con l'orrido.
L'aghori infatti gira nudo cosparso di cenere, fuma ganja, sacrifica animali (un tempo anche gli umani) nei suoi riti, fa sesso con donne con il ciclo mestruale, mangia carne (in alcuni casi anche umana), vive in cimiteri... tutto ciò per comprendere che non vi è dualità, il nostro percepire le cose come "belle" o "brutte", "giuste" o "sbagliate" non è che un nostro costrutto mentale, una nostra incapacità di comprendere la perfezione di tutte le cose, comprese quelle che ci piacciono di meno.
Ma ora basta con le chiacchiere, vi auguro una buona visione!

http://www.youtube.com/watch?v=W0bGrvKVxac (parte 1)

http://www.youtube.com/watch?v=fAIv7R8yk5c (parte 2)

http://www.youtube.com/watch?v=u_rJu_20Aps (parte 3)

http://www.youtube.com/watch?v=n8lDTLlmvwk (parte 4)

http://www.youtube.com/watch?v=fc-TsGzhsN8 (parte 5)

http://www.youtube.com/watch?v=soKFraGA-oU (parte 6)

lunedì 11 ottobre 2010

Riflessioni Sul Prajnaparamita Hridaya Sutra Parte 1

Il bodhisattva Avalokitesvara praticava la profonda Prajnaparamita [la saggezza suprema].
In quel momento egli percepì che tutti e cinque gli skandha sono vuoti
e fu liberato da tutta l'angoscia e la sofferenza.
Oh Shariputra, la forma non è altro che vuoto, il vuoto non è altro che forma;
ciò che è forma è vuoto, ciò che è vuoto è forma (il primo skandha);
ed è lo stesso per sensazione, percezione, formazione karmica e coscienza (gli altri quattro skandha).
Shariputra, tutte le cose sono vuote apparizioni.
Esse non sono nate, non sono distrutte, non macchiate, non pure;
non aumentano né decrescono.
Perciò, nella vacuità non c'è forma, né sensazione, né percezione, né formazione karmica, né coscienza;
né occhi, orecchie, naso, lingua, corpo, mente;
né forma, suono, odore, gusto, tatto, oggetti;
né c'è un regno del vedere,
e così via finché giungiamo a nessun regno della coscienza;
non vi è conoscenza, ignoranza,
né fine della conoscenza, né fine dell'ignoranza,
e così via finché giungiamo a non ci sono vecchiaia e morte;
né estinzione di vecchiaia e morte;
non c'è sofferenza, karma, estinzione, Via;
né saggezza, né realizzazione.
Dal momento che non si ha nulla da conseguire, si è un bodhisattva.
Poiché ci si è interamente affidati alla Prajnaparamita,
la mente è priva d'ostacoli;
dal momento che la mente è priva d'ostacoli,
non si conosce paura, si è ben oltre tutto il pensiero illusorio,
e si raggiunge il Nirvana definitivo.
Poiché tutti i Buddha
del passato, del presente e del futuro
si sono interamente affidati alla Prajnaparamita
essi conseguono la suprema illuminazione.
Perciò sappi che la Prajnaparamita è il grande mantra,
il mantra più alto,
il supremo incomparabile mantra,
capace di placare tutta la sofferenza.
Questo è vero.
Non è falso.
Perciò io esclamo il mantra della Prajnaparamita,
esso dice:
Gate, gate, paragate, parasamgate, bodhi, svaha!
(andato, andato, andato all'altra sponda, completamente sull'altra sponda, benvenuto risveglio!).

fonte:

Il sutra del cuore della perfezione della saggezza è uno dei più famosi sutra di tutta la tradizione buddhista mahayana ed è, come dice il nome stesso, il cuore della Prajnaparamita (la perfezione della saggezza).
Questo sutra esprime quella che secondo il buddhismo è la verità ultima di tutte le cose: la loro vacuità, in quanto impermanenti, prive di sostanzialità e interdipendenti.
La questione della vacuità (Sunyata) nasce da un contesto abhidharmico di raffinata speculazione ontologica, ma vedremo dopo nello specifico di cosa si tratta.
Per ora concentriamoci su quello che è l'aspetto più rilevante di questo sutra, la dottrina del non-Sè espressa nelle parole "O Shariputra, la forma non è altro che vuoto, il vuoto non è altro che forma;
ciò che è forma è vuoto, ciò che è vuoto è forma (il primo skandha);
ed è lo stesso per sensazione, percezione, formazione karmica e coscienza (gli altri quattro skandha)."
Si noti come la dottrina del non-Sè sia una peculiarità della soteriologia buddhista, che si differenzia nettamente da quella induista.
Quest'ultima infatti sostiene, affermando l'autorità delle Upanishad, l'esistenza di un Sè superiore (Atman) dentro ognuno di noi che è tutt'uno con l'assoluto (Brahman)... gli asceti indù infatti vedono la conoscenza del Sè come l'unico modo di liberarsi dal ciclo del Samsara (il ciclo delle continue rinascite e dunque della continua sofferenza) ed essere tutt'uno con Dio.
Il Shakyamuni invece propone una dottrina molto più radicale, volta a recidere qualsiasi attaccamento si generi in noi, la dottrina del non-Sè (Anatman).
Essa si basa sulla comprensione dell'impermanenza e dell'insostanzialità (e dunque della vacuità) dei 5 skandha, gli aggregati psico/fisici che compongono la persona empirica (corpo, sensazioni, percezioni, formazioni karmiche e coscienza), eliminati questi 5 "candidati" al titolo di Sè, si può concludere che il Sè non esiste, è una pura costruzione mentale che genera attaccamento e dunque sofferenza.
Si può obiettare che il Shakyamuni abbia detto cosa NON è il Sè, ma non l'ha negato definitivamente... io penso però che se non avesse voluto negarlo, ne avrebbe tranquillamente parlato.
La dottrina del non-Sè è però soltanto l' "apertura" del sutra del cuore, che invece contiene una vasta gamma di insegnamenti riguardanti la fenomenologia, la soteriologia e la gnoseologia buddhista.
Nella parte 2 della mia riflessione spiegherò come i 38 sutra della Prajnaparamita (di cui fa parte il sutra del cuore, su cui ci concentriamo per il momento) rappresentano una critica spietata alle speculazioni Abhidharmiche del buddhismo dei Nikaya...

mercoledì 6 ottobre 2010

Esercizi di respirazione cosciente

Spesse volte ci capita di essere angosciati, arrabbiati, agitati ecc... questo significa che la nostra mente non è tranquilla, ma è in preda delle sue stesse illusioni e ci impedisce di vedere le cose come sono realmente.
Abbiamo bisogno in questi momenti di fermare la mente, di calmarla... ed è proprio questo lo scopo principale della meditazione buddhista.
Posterò qui alcuni esercizi di respirazione cosciente, quella pratica che il il Mahasatipatthana Sutta definisce come "l'unica via".
Gli esercizi sono presi dal libro "toccare la pace" di Thich Nhat Hanh.

1- Il primo esercizio è la respirazione cosciente in sè stessa: il praticante si sieda in una posizione comoda e inizi a inspirare ed espirare... mentre inspira egli ripeta coscientemente nella sua mente "Inspirando, so che sto inspirando" o più semplicemente ripeta "Dentro"... mentre espira invece ripeta coscientemente nella sua mente "Espirando, so che sto espirando" o più semplicemente "Fuori". Questo esercizio è essenziale per calmarci e ci rende consapevoli del presente, del "qui ed ora". Quando ci sentiremo pronti possiamo passare al secondo esercizio.

2- Il praticante si sieda in una posizione comoda e inizi a inspirare ed espirare... mentre inspira egli ripeta coscientemente nella sua mente "Inspirando, mi vedo come un fiore" o più semplicemente ripeta "Fiore"... mentre espira invece ripeta coscientemente nella sua mente "Espirando, mi sento fresco" o più semplicemente "Fresco". Tutti noi siamo fiori, ma con il tempo, se non ci custodiamo bene, rischiamo di appassire... questo esercizio serve per "innaffiare" il nostro fiore interiore e ridargli la sua vera freschezza, affinchè gli altri possano beneficiare di ciò.

3- Il praticante si sieda in una posizione comoda e inizi a inspirare ed espirare... mentre inspira egli ripeta coscientemente nella sua mente "Inspirando, mi vedo come una montagna" o più semplicemente ripeta "Montagna"... mentre espira invece ripeta coscientemente nella sua mente "Espirando, mi sento solido" o più semplicemente "Solido". La montagna rappresenta la forza del distacco, il distacco (ovviamente) che dobbiamo praticare nei confronti delle passioni. Molte persone non sanno come trattare le proprie emozioni, ne sono dominate e si sentono come nel mezzo di una tempesta... alcuni addirittura arrivano a concepire l'idea del suicidio. Attraverso questa meditazione, sviluppiamo il distacco dalle nostre illusioni, questo non significa però fuggire dai problemi! I problemi si affrontano faccia a faccia, ma attraverso questa meditazione possiamo affrontarli con maggiore forza.

4- Il praticante si sieda in una posizione comoda e inizi a inspirare ed espirare... mentre inspira egli ripeta coscientemente nella sua mente "Inspirando, mi vedo come acqua tranquilla" o più semplicemente ripeta "Acqua"... mentre espira invece ripeta coscientemente nella sua mente "Espirando, rifletto le cose per come sono" o più semplicemente "Riflettere". L'ignoranza delle cose per come sono realmente è la causa della nostra sofferenza... non riusciamo a vedere le cose per come sono realmente, le percepiamo permanenti, eterne, esistenti e per questo ci attacchiamo ad esse. Tuttavia esse non sono affatto permanenti, sono invece illusorie e prive di sostanzialità, pertanto l'attaccamento ad esse non può che portare sofferenza e dolore. Quando la mente è calma riesce invece a vedere le cose per come sono realmente... esse si rispecchiano nelle acque della nostra mente nel loro vero modo d'essere. Solo abbattendo l'ignoranza possiamo liberarci dalla sofferenza!
La luna rasserenante del Buddha viaggia nel cielo della somma vacuità. Se il lago della mente è calmo, la luna splendente si riflette in esso.

5- Il praticante si sieda in una posizione comoda e inizi a inspirare ed espirare... mentre inspira egli ripeta coscientemente nella sua mente "Inspirando, mi vedo come spazio" o più semplicemente ripeta "Spazio"... mentre espira invece ripeta coscientemente nella sua mente "Espirando, mi sento libero" o più semplicemente "Libero".  Come dicevo prima, l'attaccamento genera sofferenza... cerchiamo sempre di riempirci di cose e viviamo nel terrore di perderle (cosa assolutamente certa, dato che le cose sono impermanenti). Il nostro scopo è dunque quello di lasciar andare le cose, di distaccarcene (interiormente), in poche parole di fare spazio... fino a che non diventiamo noi stessi lo spazio e ci liberiamo dalle sofferenze, dalle ansie e dalle paure.

martedì 5 ottobre 2010

Messaggio di benvenuto

Dopo mesi e mesi di riflessione se creare anche io un blog o no, oggi ho finalmente preso una decisione ed eccoci qua.
Il nome del blog è Arya Jnana, un termine sanscrito che si può tranquillamente tradurre con "nobile conoscenza", dove per "conoscenza" non si intende la conoscenza nozionistica o l'erudizione, ma bensì la conoscenza delle cose come realmente sono e non come appaiono, in poche parole la "gnosi".
Ho scelto questo nome poichè lo scopo di questo blog è quello di stimolare la riflessione e la ricerca interiore attraverso la diffusione di quello che è l'immenso corpus filosofico orientale (in special modo l'India), purtroppo estremamente sottovalutato dal mondo occidentale.
Dico già dall'inizio che sono ancora uno studente universitario, non sono un professore, ma cercherò comunque di metterci tutto l'impegno possibile affinchè il blog venga il più completo e corretto possibile
In questo blog scriverò delle recensioni su libri che riguardano la filosofia orientale, posterò mie riflessioni, estratti dei testi sacri e anche delle pratiche di meditazione.
Spero che il mio lavoro sarà di vostro gradimento!